Il Mediterraneo Centrale è ancora una delle rotte migratorie più pericolose al mondo. Palermo, capoluogo di una regione profondamente segnata dai flussi migratori, ospiterà, dal 28 al 30 gennaio, un’iniziativa volta al rafforzamento del partenariato transnazionale per combattere e prevenire la Tratta di Esseri Umani.
Negli ultimi anni in Sicilia si è assistito ad un vertiginoso incremento del numero di donne e giovani adolescenti provenienti dal continente africano, in particolare dalla Nigeria. Le politiche migratorie securitarie recentemente adottate dai paesi europei restringono in modo sostanziale l’accesso ai canali dell’accoglienza ed integrazione di coloro che migrano dal continente africano. Margherita Maniscalco, project manager della ong Ciss e
referente del progetto europeo “BINIs – Best practices In tackling trafficking, ha risposto ad alcune domande sulla conferenza internazionale che porterà a Palermo rappresentanti della società civile di diversi paesi africani e delle reti della diaspora oltre a organizzazioni e istituzioni che perseguono, a diversi livelli, la prevenzione della tratta di esseri umani.
Se queste scelte di chiusura e di repressione attuate da molti stati dell’Unione Europea, provano a suggerire che solo così è possibile intervenire nel processo di azzeramento del fenomeno della tratta.
È necessario fare un distinguo. Le politiche migratorie securitarie recentemente adottate da diversi paesi europei, ad esempio da Austria e Italia – per citare due paesi coinvolti nel progetto “BINIs” – appaiono efficaci nel contrasto del traffico di migranti (lo smuggling) soltanto nel brevissimo periodo. I fattori di spinta che muovono donne, uomini, giovani, bambini ed adolescenti da una sponda all’altra del Mar Mediterraneo non sono stati minimamente affrontati da tali politiche; l’instabilità del territorio libico, l’assenza de facto di qualsiasi canale di ingresso regolare in area Schengen, la crisi umanitaria in Siria, Eritrea.. l’intensificarsi del processo di desertificazione e l’Africa depredata di risorse, sono soltanto alcune delle cause delle migrazioni forzate nel Mediterraneo. Alle politiche di chiusura poste in atto dai paesi europei, nell’immediato potrà conseguire una più vasta ed intensa violazione dei diritti e libertà fondamentali di minori, donne e uomini in migrazione dai paesi non UE. Allo stato attuale, gli effetti di lungo corso di queste politiche migratorie nel processo di contrasto dello smuggling nella regione del Mediterraneo potranno comportare un cambiamento nelle rotte battute dalle reti di trafficanti ma difficilmente porteranno ad una gestione più sostenibile dei processi migratori. Coloro che già risiedono nei paesi UE saranno sempre più spinti ai margini ed una cultura di “chiusura” potrebbe affermarsi anche all’interno dei confini UE.
Forse è ancora troppo presto per esprimere un giudizio sull’impatto delle politiche migratorie sulla capacità dei paesi UE di sradicare la tratta di esseri umani (il trafficking); possiamo però avanzare alcune ipotesi. Negli ultimi anni – come anche testimoniato dalle attività di ricerca condotte nell’ambito del progetto BINIs in diversi paesi europei – la tratta ed in particolare la tratta di donne e giovani nigeriane ha ampiamente sfruttato i canali dell’asilo. La protezione umanitaria, d’altronde, ha permesso ad un vasto numero di vittime di tratta di trovare adeguata accoglienza e supporto una volta giunte in Italia. Sebbene il Decreto Sicurezza e Immigrazione riconosca la peculiare condizione delle vittime di tratta ed è plausibile prevedere tra qualche tempo un aumento nel numero di beneficiarie prese in carico dai programmi anti-tratta per effetto di quanto disposto dal citato Decreto, un’ingente numero di vittime continueranno a non trovare accesso ai percorsi di emersione, assistenza e integrazione sociale rischiando così di divenire invisibili. Ancora più invisibile sarà la condizione delle vittime della tratta rimaste intrappolate nel territorio Libico, mentre anche le rotte della tratta potranno tornare a differenziarsi, approdando in prima battuta in altri paesi europei per poi giungere in Italia. Le opportunità di contrastare la tratta e proteggere coloro che ne sono vittime potranno nel complesso ridursi. Nuovamente, possiamo affermare che le politiche migratorie restrittive non contribuiranno ad affrontare la tratta alle sue radici.
In che modo prevenire la tratta di esseri umani e quali sono le mancanze e le urgenze che la società civile e le realtà impegnate nella cooperazione internazionale devono tenere a mente?
Da diversi anni nella città di Palermo si svolge un lavoro costante di prevenzione e denuncia della tratta di esseri umani con il protagonismo della società civile.
Il convegno intende sostenere tali sforzi, offrendo un’importante opportunità di confronto con alcune delle organizzazioni europee e nigeriane attive nel settore. La conoscenza, lo scambio e la condivisione tra gli attori locali è la base per la costruzione di strategie congiunte di prevenzione più efficaci. Le iniziative di cooperazione internazionale possono offrire un grande contributo nel campo della prevenzione della tratta affrontando alcune delle cause che rendono donne e giovani maggiormente vulnerabili alle diverse forme di reclutamento adottate dai trafficanti nei contesti di origine, e rafforzando le capacità istituzionali e il ruolo delle organizzazioni della società civile locale.
Qual è il valore aggiunto dato dalla conferenza internazionale in programma per gennaio?
Per la prima volta in Sicilia, una folta delegazione di rappresentanti della società civile nigeriana incontra associazioni ed istituzioni del territorio per condividere esperienze e punti di vista nel campo dell’antitratta e mettere in piedi nuove azioni congiunte frutto del dialogo e del confronto. La conferenza darà inoltre ampio spazio ad interventi di associazione e centri specializzati nella protezione delle vittime di diversi paesi europei che, come gli attori del territorio siciliano, negli ultimi anni si sono trovati ad accogliere e fornire assistenza alle vittime della tratta in transito dal Mediterraneo Centrale, ed in particolare Nigeriane.